Consigli contro la Rabbia (Ira)

Suggerisci in questo post i tuoi consigli contro la Rabbia (Ira).
Inclusa la rabbia repressa e la rabbia cronica.

NB: Questo post è solo un’informativa. In caso di problemi di salute bisogna sempre rivolgersi ai medici (in questo caso uno Psicoterapeuta) e vanno sempre fatte le cure mediche ufficiali. Magari qualche consiglio presente tra i commenti potrà essere integrato alla terapia ufficiale, sotto la propria responsabilità.

NB2: Suggerisci solo consigli che hai provato diverse volte e hanno funzionato efficacemente. E’ vietato indicare farmaci.

20 commenti:

  1. Anonimo11/5/16

    La rabbia è una risposta che si attiva quando qualcosa non è andato secondo i piani, quando il mondo non corrisponde alle nostre aspettative.

    Ci si può quindi arrabbiare per un’ingiustizia (subita personalmente o accaduta ad altri) ma anche per frustrazione. E poi ci si arrabbia per condizioni sgradevoli di tipo fisico o materiale che minacciano l’integrità personale (come l’essere immobilizzati, o rinchiusi in una stanza, o per l’eccessivo caldo o freddo). Queste situazioni danno luogo ad immediate irritazioni ma possono arrivare a provocare manifestazioni di rabbia anche più forti.

    Da questo punto di vista, arrabbiarsi equivale a comportarsi come un bambino piccolo che non è in grado di adattarsi alle circostanze e rispondere in modo adattivo. Ci arrabbiamo perché non abbiamo imparato a reagire in modo diverso, perché abbiamo permesso alla parte più antica del nostro cervello di prendere il controllo.

    Alla base della rabbia si nasconde un messaggio semplice: “Desidero che le cose vadano come voglio io”. Le persone che si arrabbiano pensano spesso di avere la verità assoluta in mano, quindi tutto ciò che blocca i loro piani si trasforma automaticamente in un affronto difficile da tollerare. Pertanto, per imparare a controllare la rabbia, è indispensabile spogliarsi del ruolo di giudice, smettere di pensare che abbiamo ragione e di voler vincere a tutti i costi. Assumete che la maggior parte dei conflitti e problemi che sorgono nella vita di tutti i giorni non sono un’umiliazione personale.

    A volte, la rabbia non è causata dalla situazione che stiamo vivendo, ma dalle nostre esperienze precedenti, anche se non ne siamo sempre consapevoli. Cioè, siamo giunti ad una determinata situazione trascinando un pesante fardello di rancori. Quindi, qualsiasi cosa l’altra persona dice o fa accenderà la miccia che farà esplodere la rabbia. Pertanto, per gestire la rabbia è essenziale lasciare andare il rancore.

    La rabbia cronica è una caratteristica infantile che indica che non siamo in grado di affrontare la frustrazione e che vogliamo avere sempre ragione. Gli arrabbiati cronici ritengono che arrabbiarsi sia l’unico modo per ottenere quello che vogliono. Pertanto, è importante capire che ci sono altri modi di reagire che sono molto più efficaci e meno dannosi per tutti, anche per se stessi. Guardatevi allo specchio e chiedetevi cosa volete veramente e che cosa vi rende felice. E mettetevi al lavoro.
    Quindi, chiediamoci ancora: Che cosa guadagnerò comportandomi in questo modo? Che cosa potrò perdere? Esistono dei mezzi migliori per ottenere ciò che desidero? Spesso dopo esserci posti tutte queste domande la rabbia sarà svanita da sola e noi avremo trovato altre soluzioni per far valere le nostre ragioni, altre volte invece rimarremo convinti della giustezza dei nostri sentimenti e riusciremo ad esprimere la nostra rabbia nella maniera più adeguata ed efficace.

    Quando stiamo per arrabbiarci, cerchiamo di ricordare a noi stessi che perdere la pazienza ci renderà più nera la giornata e che poi avremo bisogno di molto tempo per riacquistare la nostra serenità. Pensare alle conseguenze della rabbia è importante. Pensate a come vi siete sentiti e di quanto tempo avete avuto bisogno per tornare alla normalità. Riflettete su che cosa avete ottenuto con tale comportamento. Noterete che il principale danneggiato siete stati probabilmente voi. La rabbia è un’emozione molto dannosa che vi toglie la pace interiore e destabilizza il vostro equilibrio psicologico, così arriverete presto alla conclusione che non vale la pena di arrabbiarsi. La prossima volta che sentirete la rabbia crescere dentro di voi, chiedetevi: vale la pena di perdere la mia stabilità mentale per questo?

    A volte il semplice fatto di riconoscere che ci siamo arrabbiati e farlo sapere all’altra persona, ha un potere catartico che ci aiuta a calmarci e rilasciare la tensione. Ricordate che le emozioni non dovrebbero essere negate o nascoste, avete solo bisogno di imparare ad esprimerle in modo assertivo.

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  2. Anonimo15/5/16

    Disturbo Paranoide e Rabbia
    Il disturbo paranoide è un disturbo di personalità caratterizzato da diffidenza e sospettosità che spingono a interpretare le motivazioni degli altri sempre come malevole per la propria persona o per le persone a cui il paranoico vuole bene (figli, genitori, famigliari...).

    Si parla di «diffidenza e sospettosità» verso gli altri e quattro o più delle seguenti caratteristiche:
    - sospetti non realistici di venir sfruttati o danneggiati o ingannati
    - dubbi ingiustificati sulla lealtà degli amici o dei colleghi
    - paura di confidarsi con gli altri
    - fraintendimento delle parole altrui, come semplici rimproveri o altro, verso significati più minacciosi
    - prevalenza di rancore verso gli altri cioè, non perdona gli insulti, le ingiurie o le offese
    - percepisce attacchi al proprio ruolo o reputazione non evidenti agli altri, ed è pronto a reagire con rabbia o contrattaccare
    - paura ingiustificata di essere tradito dal coniuge

    Innanzitutto dovrai rompere i suddetti schemi mentali, perché i comportamenti compulsivi non fanno altro che rafforzare le ossessioni invece di liberarci dalle penose sensazioni di angoscia legate ad esse. Adottare un nuovo comportamento, crea il terreno necessario per incominciare a resistere e a non comportarci come ci viene suggerito dai pensieri ossessivi.

    Le caratteristiche del disturbo paranoide di personalità sono prevalentemente attribuibili ad un massiccio uso del meccanismo di difesa della proiezione, attraverso il quale le caratteristiche ritenute cattive appartenenti alla propria persona vengono attribuite, proiettate all'esterno, su altre persone, o sull'intero ambiente, che verrà così percepito come costantemente ostile e pericoloso per la sopravvivenza dell'individuo.
    “Se provate a indicare qualcuno tenendo la mano dritta davanti a voi, vi accorgete che un dito è puntato verso l’altra persona ma tre sono rivolte verso di voi: questo può servire a ricordarvi che quando denigriamo gli altri in realtà stiamo solo negando un aspetto di noi stessi”.

    Tutto ciò che è spiacevole è spostato all’esterno e ciò lo rende più facilmente controllabile ma in questo modo l’individuo risulta molto impegnato in operazioni di controllo sull’ambiente che lo circonda. Il pensiero della persona con un disturbo paranoide di personalità si presenta estremamente rigido, le proprie idee e convinzioni non hanno possibilità di essere messe in discussione.

    A un certo punto controllare potrebbe diventare un modo di vivere, una maschera costante che usiamo per nascondere altri disagi, come la paura, la disistima o la sensazione di non essere abbastanza amati.

    Come Migliorare l’Autostima

    Come sempre, il passaggio non è così netto, all’inizio ci sembra che il controllo ci dia una specie di garanzia contro le avversità. Ma richiede uno sforzo notevole: dobbiamo stare attenti a tutto, ogni piccolo dettaglio deve andare come abbiamo previsto; quindi, prima cerchiamo di esercitare il controllo su noi stessi, sulle nostre pulsioni e sentimenti, affinché non trapeli la nostra debolezza.

    Il passo successivo è tentare di dominare gli altri e, infine, la vita. E poiché non ci riusciamo mai, ci maceriamo inutilmente nella rabbia e nell’auto-critica.

    Occorre modificare l’erronea interpretazione della realtà, cercando anche di ricondurre l’origine dei problemi da una fonte esterna ad una interna.

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  3. Anonimo15/5/16

    Alla base dei problemi psicosomatici, di dolori o stati di malessere, potrebbero esserci alcuni sentimenti di impotenza vissuti da bambino (bullismo e vissuti di umiliazioni) che potrebbero contribuire a problemi come l’ansia, scoppi d’ira, impulsività.

    Leggi: EMDR - Trattamento dei Traumi Psicologici

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  4. Anonimo15/5/16

    “Se la persona che si arrabbia è in piedi, si dovrebbe sedere. Se la rabbia se ne va, tanto meglio, altrimenti deve sdraiarsi.”

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  5. Anonimo15/5/16

    “Il risentimento è come bere un veleno e poi sperare che questo uccida i tuoi nemici”
    (Nelson Mandela)

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  6. Anonimo3/6/16

    Come Scaricare la Rabbia Repressa
    - Devi pensare di meno ed agire di più. Non controllarti troppo. Forse lo fai perché non ho mai provato certe esperienza: arrabbiarti con i più "forti", fare a botte…

    - Devi scaricare la rabbia che c'hai dentro dall'adolescenza, sulle persone più "forti" e non su quelle più "deboli"

    - Non devi tenere la rabbia dentro di te. La devi far uscire fuori. Non devi pensare troppo, devi agire ma sulle persone più "forti"

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  7. Anonimo29/7/16

    Impara a Vivere con Serenità…
    Il 10% delle liti avviene per via di opinioni diverse.
    Il 90% avviene a causa del tono di voce sbagliato.

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  8. Ti consiglio vivamente la lettura del libro:
    Amare ciò che è. 4 domande che possono cambiare la tua vita di Byron Katie

    Un libro per sostituire il dolore con la gioia e il sorriso, trasformare la depressione in leggerezza, ritrovare la libertà, arrivare a comprensioni nuove e profonde sulla vita.

    Ti aiuterà anche a sbarazzarti dalle tua Irascibilità.

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  9. Anonimo1/7/17

    "La rabbia è un sentimento potente e velenoso" Ryūnosuke Koike

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  10. Anonimo23/9/17

    Dal libro del Siracide (Sir 27, 30 - 28, 7)
    Il rancore e l'ira sono un abominio, il peccatore li possiede. Chi si vendica avrà la vendetta dal Signore ed egli terrà sempre presenti i suoi peccati. Perdona l'offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la guarigione al Signore? Egli non ha misericordia per l'uomo suo simile, e osa pregare per i suoi peccati? Egli, che è soltanto carne, conserva rancore; chi perdonerà i suoi peccati? Ricordati della tua fine e smetti di odiare, ricordati della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricordati dei comandamenti e non aver rancore verso il prossimo, ricordati dell'alleanza con l'Altissimo e non far conto dell'offesa subita.

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    1. Anonimo23/9/17

      In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?
      E Gesù gli rispose: Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
      Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
      Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
      Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
      Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello.

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  11. Anonimo3/11/17

    quando ti arrabbi: in modo consapevole e lento, presta attenzione alla componente sensomotoria (sensazioni e i movimenti del corpo), mantenendola disconnessa rispetto alla parte emotiva e cognitiva, altrimenti si ha un incremento di entrambe.

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  12. Anonimo2/5/18

    I benefici del perdono
    Quali sono i benefici fisiologici e psicologici che induce il perdono? Conoscerli ci convincerà che la vendetta, anche se dolce, è sempre sconveniente per la nostra salute fisica e mentale.

    Chiariamo in pochi punti come viene scientificamente accreditato il perdono. Il perdono influenza il sistema immunitario e quello cardiovascolare: lo stress che deriva dalle emozioni negative scaturite dall’offesa agisce sul sistema immunitario, in particolar modo sulle citochine, sostanze simili alle proteine prodotte in caso di stress o infezione.

    Il perdono agisce anche sull’attività dell’HPA (Hypothalamic-Pituitary-Adrenal, principale effettore della risposta di stress) e sulla produzione di cortisolo, migliorando il sistema immunitario, sia a livello cellulare sia neuroendocrino, e quello cardiovascolare.

    Nella saliva degli individui più predisposti al rancore sono stati rilevati indici di cortisolo (l’ormone dello stress) più elevati, mentre negli individui a cui è stato chiesto di focalizzarsi su eventi felici ed emozioni positive è stata riscontrata una maggiore reattività a questo ormone.

    È stato accertato che il perdono riduce lo stress prodotto dal rancore e influenza il sistema immunitario mediante il rilascio di anticorpi, la cui produzione diminuisce in caso di stress cronico.

    Gli studi di Salovey evidenziano la relazione tra emozioni negative e progressiva soppressione della secrezione di immunoglobulina-A, coinvolta nella risposta immunitaria del corpo umano. Le emozioni negative come rabbia, rancore, vendetta, odio, senso di colpa abbassano il livello delle nostre difese immunitarie: il perdono, riducendo l’intensità di queste emozioni e inducendo impulsi emotivi positivi, favorisce buoni livelli anticorpali. L’ostilità inoltre agisce negativamente sul sistema cardiovascolare; il perdono, abbassando il livello di ostilità, influenza in modo favorevole la salute, riducendo il rischio di infarto, ipertensione e arteriosclerosi.

    Il perdono influenza il sistema nervoso centrale: un meccanismo attraverso cui agirebbe sul sistema nervoso centrale è relazionato alla produzione di testosterone e serotonina nell’ipotalamo. Potrebbe inibire il testosterone, che influenza l’aggressività, e stimolare la produzione di serotonina (il 5-HT è un neurotrasmettitore che svolge un ruolo importante nella regolazione di umore, sonno, temperatura corporea, sessualità e appetito). La serotonina è anche coinvolta in numerosi disturbi neuropsichiatrici, quali emicrania, disturbo bipolare, depressione e ansia.

    Il perdono è importante per la salute mentale: gli effetti si evidenziano attraverso la diminuzione del rancore e la stimolazione di emozioni positive. Per contro, le emozioni negative attivate e sostenute mediante la “ruminazione” mentale (odio, vendetta, rabbia, paura, senso di colpa, ostilità) incidono sfavorevolmente sulla salute mentale, che è normalmente associata a variabili come il supporto sociale, il funzionamento interpersonale e i comportamenti salutari, qualità influenzate dalla capacità di perdonare.

    La relazione tra perdono e salute mentale è molto profonda: il perdono riduce l’ansia e aumenta il benessere, inoltre incide positivamente su fobie, attacchi di panico, abuso di sostanze e disturbo post traumatico da stress.
    [CONTINUA]

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  13. Anonimo2/5/18

    Perdono e salute mentale
    Sono stati compiuti esperimenti interessanti anche in relazione agli effetti del perdono sulla salute mentale. Vediamone alcuni insieme.

    Al-Mabuk et al. (1995) hanno studiato un gruppo di studenti che ha perdonato i genitori per la carenza di affetto. Tutti i soggetti, alla fine dell’esperimento, presentavano un incremento di autostima e un abbassamento di ansia e depressione.

    Freedman ed Enright (1996) hanno lavorato con donne vittime di incesto. Lo scopo dell’esperimento era anche quello di arrivare a perdonare il carnefice. Dopo la sperimentazione, durata 14 mesi, i risultati hanno evidenziato come il perdono sia stato in grado di abbassare i livelli di ansia e depressione e di aumentare quelli di speranza ed emozioni positive.

    Coyle ed Enright (1997) hanno ottenuto risultati rilevanti e positivi nell’applicare il processo del perdono su uomini feriti dalla decisione della partner di abortire.

    Hebl ed Enright (1993) hanno studiato gli effetti del perdono sui danni psicologici subiti dalle donne di mezza età. Le pazienti sono state assegnate in maniera randomizzata a due gruppi, uno sperimentale e l’altro di controllo; dopo 8 settimane il gruppo sperimentale presentava parametri significativamente più elevati di autostima e benessere e significativamente più bassi di ansia e depressione.

    Spiers (2004) ha applicato gli studi relativi a perdono-rancore e malattia mentale su 134 vittime di violazioni dei diritti umani, per conto della Commissione sudafricana per la verità e la riconciliazione. Della totalità delle persone, il 63% presentava una diagnosi psichiatrica e il 42% il disturbo post-traumatico da stress. Nella sperimentazione si arriva alla conclusione che i pazienti con i più bassi punteggi di perdono sono soggetti con un livello più alto di problemi psichiatrici.

    In relazione a queste evidenze empiriche possiamo affermare che il perdono porta a una riduzione di ansia e depressione e a un miglioramento di salute fisica e mentale, agendo sulla qualità delle emozioni: produce effetti positivi attraverso lo sviluppo di sentimenti positivi che influenzano lo stato di salute.

    Gli effetti del perdono a livello sociale
    Oltre ad avere un benefico impatto sulla salute fisica e mentale, il perdono influenza in modo positivo il benessere personale e sociale, agendo attraverso i molteplici meccanismi indicati di seguito.

    Perdono e abilità relazionali: il perdono risulta una delle possibili strategie di adattamento per gestire stress, ansia ed emozioni negative. La strategia di adattamento (coping) consiste negli “sforzi cognitivi e comportamentali per gestire specifiche richieste esterne o interne (e conflitti tra di esse) che sono giudicate gravose o superiori alle risorse personali”. Nelle abilità relazionali il perdono ridurrebbe la tendenza a offendere il partner e a provare senso di colpa e vergogna e rappresenterebbe un elemento importante nella costruzione di relazioni più profonde, durature e stabili.

    Supporto sociale: l’attitudine al perdono permette di instaurare relazioni più durature, stabili, supportive e ampie, garantendo un supporto sociale più elevato. Per riflesso, una maggiore qualità e quantità di reti sociali influenza positivamente la salute fisica. Gli studi di Uvnäs-Moberg (1998) relazionano la qualità del supporto sociale e il rilascio di neuropeptidi che influenzano tali relazioni (ossitocina e prolattina) con la salute fisica, poiché l’ossitocina è in grado di abbassare pressione sanguigna, frequenza cardiaca e livello di cortisolo.
    [CONTINUA]

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  14. Anonimo2/5/18

    Perdoniamo con la testa o con il cuore?
    Esistono ragioni razionali, emozionali, religiose, spirituali ed esistenziali per scegliere e decidere di perdonare. Perseverare nel rancore è doppiamente controproducente perché, oltre a continuare a essere condizionati dal danno subito dall’offesa e dall’offensore, permettiamo all’evento e al carnefice di continuare ad agire negativamente sulla nostra salute.

    Worthington (2006) distingue due tipologie principali di perdono: quello decisionale e quello emozionale.

    Le caratteristiche principali del perdono decisionale sono le seguenti:
    è una decisione basata su un’analisi razionale;
    è frutto della volontà;
    fornisce un nuovo significato alla situazione;
    modifica il comportamento;
    promuove la riconciliazione;
    contribuisce a regolare l’aspetto emozionale;
    è finalizzato a controllare il comportamento.

    Le caratteristiche principali del perdono emozionale sono:
    sostituisce emozioni negative con emozioni positive;
    comporta un cambiamento nello stato emotivo mentale e motivazionale;
    promuove la riconciliazione;
    modifica la percezione dell’ingiustizia subita e il bisogno di giustizia.

    I benefici del chiedere perdono
    È importante considerare anche l’altro aspetto nel processo del perdono, che non coinvolge chi deve perdonare, ma chi dovrebbe chiedere perdono.

    Seguendo gli studi di Monbourquette e D’Aspremont, tra i principali vantaggi connessi a questo aspetto troviamo i seguenti.

    Effetto liberatorio (si ottiene anche quando si concede realmente perdono):
    riconoscere i propri errori influenza profondamente tutti gli aspetti del nostro essere (fisico, vitale, emozionale, mentale e spirituale). Il peso dell’errore può, infatti, causare stress, senso di colpa, chiusura, rigidità e altre emozioni negative capaci, tra l’altro, di indebolire il sistema immunitario.

    Crescita personale e spirituale: chiedere sinceramente perdono sviluppa l’umiltà, l’apertura, la pace, l’armonia, la compassione, la gratitudine, la riconciliazione; per questo è una forte spinta per l’evoluzione psicologica e spirituale dell’individuo.

    Miglioramento delle relazioni: chiedere perdono incrementa la capacità di comunicazione, l’empatia, accorcia la distanza affettiva, elimina i risentimenti accumulati, permette di gestire la conflittualità e lo stress generato da tensione e chiusura. Le relazioni interpersonali che più traggono benefici dal perdono sono quelle intime relative alla coppia e alla famiglia, per esempio quando è un genitore a chiedere perdono per eccessiva severità o rigidità. La richiesta di perdono in quest’ultimo esempio migliora la tendenza alla riconciliazione, all’accettazione dei limiti altrui e al rispetto.

    Effetto sociale: chiedere perdono migliora la società, soprattutto se ad aver metabolizzato il processo e le dinamiche del perdono sono educatori e figure di potere. Queste persone, essendo modelli di riferimento e insegnanti (dal latino in-segnare, “segnare dentro”), possono essere efficaci veicoli di trasmissione di valori positivi, quali rispetto per gli altri e per se stessi, compassione, empatia, gestione dello stress, gestione e risoluzione dei conflitti, pace e armonia sociale.
    [CONTINUA]

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  15. Anonimo2/5/18

    Esercizio perdono libera tutti
    Questa pratica di perdono serve per liberare tutti i contenuti che creano sofferenza relativi a una relazione o a una situazione. Non importa ciò che è accaduto, chi sia la vittima o il colpevole, perché in questa affermazione si intende liberare tutte le cause che originano sofferenza a prescindere da ciò che sia successo.

    Una celebre frase sul perdono, tradizionalmente attribuita al Budda, recita: “Perdona, non perché loro meritano il perdono, ma perché tu meriti la pace”.

    La maggior parte della sofferenza che proviamo è dovuta al fatto che non siamo capaci di lasciare andare la presa. Tratteniamo persone, situazioni, relazioni, stati d’animo. L’attaccamento è l’origine della sofferenza. Quando diventiamo capaci di lasciare andare ogni aspettativa, ogni attaccamento, ogni desiderio, creiamo lo spazio per accogliere il nuovo e ciò che stavamo cercando. Se avete giocato a nascondino sapete che le regole stabiliscono che esiste un luogo chiamato “tana libera tutti”: quando è raggiunta da uno dei partecipanti, permette di liberare tutti gli altri giocatori scovati in precedenza.

    Questa formula di perdono ci permette di raggiungere quel luogo interiore che ha la funzione di liberarci definitivamente dall’attaccamento alla sofferenza. Scegliamo una persona (anche noi stessi) o una situazione che vogliamo perdonare. Sediamoci in una posizione comoda, con la colonna vertebrale eretta, e ripetiamo per 7 minuti questa affermazione: “Perdono e libero per sempre tutto ciò che è stato nello spazio e nel tempo. Sono libero/a e felice. Grazie”. Più la ripetizione procede, più si entra in profondità nel significato di questa affermazione che purifica, libera, riequilibra, guarisce corpo, mente e spirito.

    Ripetiamo questo esercizio per 7 giorni consecutivi, sempre sulla stessa persona o situazione scelta.

    Tratto da: Ventuno giorni per rinascere - Il percorso che ringiovanisce corpo e mente - di Franco Berrino

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  16. Anonimo31/7/18

    Ecco dieci preziosi consigli per controllare la rabbia, elaborati dai ricercatori della Mayo Clinic di Rochester, in Minnesota.

    1. Prenditi una pausa
    Contare fino a dieci non è soltanto una cosa per bambini. Prima di reagire a una situazione di tensione, prenditi alcuni minuti per respirare profondamente e contare fino a dieci.
    Se necessario, allontanati per qualche momento dalla persona o dalla situazione che ti ha innescato la rabbia.

    2. Quando ti sei calmato, manifesta le ragioni della tua rabbia
    Appena sei in grado di pensare lucidamente, esprimi i motivi della tua frustrazione in modo assertivo e non polemico. Esprimi preoccupazioni e bisogni in modo chiaro e diretto, senza offendere ne tentare di controllare.

    3. Ricorri all’esercizio fisico
    L’attività fisica è una grande valvola di sfogo per le emozioni, soprattutto se sei sul punto di scoppiare. Se ti accorgi che la tua rabbia sta crescendo, fai una corsa o qualunque attività fisica tu preferisca. L’esercizio fisico stimola la produzione, a livello cerebrale, di sostanze che ti faranno sentire più felice e rilassato di quanto eri in precedenza.

    4. Pensa, prima di parlare
    Nella concitazione del momento, è facile dire cose di cui più tardi ti potresti pentire. Raccogli allora i tuoi pensieri prima di pronunciare parola, e permetti agli altri di fare lo stesso.

    5. Identifica le possibili soluzioni
    Anziché fissarti su ciò che ti fa impazzire, lavora per risolvere il problema. Ricordati che la rabbia non aggiusta nulla. Anzi, rende sempre le cose più difficili.

    6. Sostieni le tue ragioni aprendo le frasi con “io”
    Per evitare le critiche eccessive, come pure il rischio di attribuire ad altri la colpa-il che aumenterebbe la tensione-declina ogni frase in prima persona.

    7. Non portare rancore
    Dimenticare è uno strumento potente. Se permetti alla rabbia o ad altre emozioni negative di mettere da parte la tua positività, verrai inghiottito dalla tua stessa amarezza e dal senso di ingiustizia. Ma se ti dimentichi di qualcuno che ti ha fatto arrabbiare, allora entrambi potrete imparare qualcosa dalla situazione. E’ irrealistico aspettarsi che ognuno si comporti sempre come vuoi tu.

    8. Usa l’umorismo per allentare la tensione
    Ma non il sarcasmo, che può ferire i sentimenti di qualcuno e peggiorare le cose.

    9. Pratica esercizi di rilassamento
    Quando stai per esplodere, ricorri alle pratiche di rilassamento, siano esercizi di respirazione, visualizzazione di immagini rasserenanti, una parola o una frase calmante ripetuta più volte.

    10. Sappi quando chiedere aiuto
    Imparare a controllare la rabbia è una sfida per chiunque. Se c’è il rischio che andare in collera possa produrti problemi, e non ce la fai da solo, considera le possibilità di consultare uno specialista o aderire ad un programma di anger management.

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  17. Anonimo12/8/18

    Come liberarsi dalla rabbia per vivere meglio
    La rabbia è un sentimento potente e velenoso eppure alcuni giorni, ci tuffiamo letteralmente in una spirale di negatività. La prima a subirne le conseguenze è la nostra anima, che non riesce a provare gioia per nessuna situazione.

    Può capitare che la rabbia sia la padrona assoluta delle nostre giornate, in ufficio, in famiglia, sui social, a volte abbiamo l’impressione che il mondo si sia proprio incattivito. Offrendoci un’illusione di forza, essa è legata a due nemici: il dubbio e il desiderio.

    Nel momento in cui ci arrabbiamo, quindi, ci intossichiamo inutilmente. Nel "Manuale di un monaco buddhista per abbandonare la rabbia" Ryūnosuke Koike, monaco buddhista della scuola Jodo Shinshu, insegna delle facile regole che possono aiutarci a controllare noi stessi, allontanando la rabbia.

    “Una mente che la rabbia allontana dalla realtà è destinata a vagare nel dubbio, e il dubbio genera il desiderio. Ma il desiderio si svuota nel momento stesso in cui viene appagato e genera a sua volta infiniti pensieri negativi”, spiega il monaco nel libro.

    Come si fa a spezzare questo circolo vizioso? Provando a controllare i pensieri negativi in modo da non fare del male a noi stessi e a chi ci circonda.

    “Nella società sono molte le persone che competono, lottano e si dedicano totalmente al lavoro, mosse dalla sofferenza provocata dalla rabbia: le sostanze sgradevoli, secrete per questo motivo, si trasformano in stress e arrecano loro grossi danni fisici e spirituali”, dice Ryūnosuke Koike.

    Il monaco accompagna il lettore in un percorso di crescita spirituale e psicologica per arrivare a coltivare la compassione che conduce fino alla serenità.

    Ma l’energia positiva si può ricavare dal rispetto di alcune regole. La prima è quella di astenersi dal desiderio di volere ogni cosa perché nel momento in cui non ci si riesce ad ottenerle si finisce per covare rabbia.

    “Se lasciamo agire la forza attrattiva del desiderio ci irrigidiamo e la voglia di fare ristagna. È indispensabile essere ragionevoli e cercare di controllare con regolarità la propria mente, affinché non venga invasa da questa forza”, dice Koike.

    Bisogna poi astenersi dalla rabbia stessa che altro non è, che un istinto illusorio che può e deve essere estirpato dal proprio animo. Ancora, non dire bugie: molto spesso si dicono per ottenere qualcosa.

    “Quando si affermano le cose fasulle, le informazioni nella nostra mente vengono disposte in maniera disordinata e cadiamo in uno stato di confusione. Inoltre. Una volta detta una bugia, bisognerà accumulare ulteriori menzogne per non farsi scoprire, perciò volta dopo volta, ciò che è contrario alla verità resterà impresso nel nostro inconscio. E la mente si confonderà sempre di più”.

    Ci sono poi tre regole legate tra loro: non criticare, non calunniare e non fare pettegolezzi. Ognuna di queste azioni, secondo il monaco, è sempre dettata dal desiderio di ottenere qualcosa per sé.

    “Se si vuol esercitare la propria influenza sull'altro, invece di criticare, è saggio capire in cosa consista il desiderio del proprio interlocutore e proporre delle scelte adeguate ad esso”.

    Poi, dice Koike, “quando calunniamo qualcuno che non è presente ci innervosiamo a causa dell'energia della rabbia. Invece di ridurre lo stress, finiamo per accrescere la tensione latente e nel caso in cui l'altra persona sia presente dobbiamo dire per forza delle cose completamente diverse, e considerando il modo in cui la mente tratta le informazioni ciò conduce all'aumento dell'energia del dubbio”.

    E infine, i pettegolezzi, scagli la prima pietra chi è senza peccato. Eppure secondo il monaco:

    "Le chiacchiere inutili potranno anche essere divertenti per chi le fa, ma spesso sono penose per chi le ascolta. Dire una bugia a qualcuno nuoce a se stessi; ma anche dire la verità, qualunque essa sia, non porta necessariamente un vantaggio. Più si reclama attenzione e più ci si allontana dai sentimenti dell'altro".

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  18. "Non serve vendicarsi, le persone cattive si distruggono da sole"

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  19. Anonimo19/1/22

    “Le incomprensioni sono così strane, sarebbe meglio evitarle sempre, per non rischiare di aver ragione, ché la ragione non sempre serve” Tiromancino

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